Un anno di lockdown

Oggi marca esattamente un anno dal momento in cui la pandemia è arrivata nelle nostre vite. 





La mia vita è cambiata, come quella di tutti, per via della pandemia, dal punto di vista "sociale", ma anche dal punto di vista personale. 

Mi ricordo esattamente, ora per ora, tutta l'ultima giornata "normale", anche perché non era stata scandita dalla solita routine casa-ufficio-casa. 
Era un venerdì, venerdì 21 febbraio 2020 e, con un collega e una cliente, eravamo andati a vedere una produzione presso un fornitore in Emilia Romagna. Al ritorno la radio ci ha informati del primo caso ufficiale a Codogno, ma speravamo - o forse lo speravo solo io - che non ci sarebbero state conseguenze così drammatiche e devastanti, e di sicuro non per così tanto tempo.

La domenica sera la cliente ha scritto annullando la nostra riunione settimanale del lunedì presso i loro uffici - in quanto l'azienda aveva comunicato di lavorare da casa. La nostra azienda, molto più piccola, ha fatto lo stesso. 
Da allora ho passato praticamente due mesi in quasi totale solitudine in casa mia a Milano, lavorando da casa. Il mio allora compagno era in un'altra provincia e regione. 
Non sono una persona che soffre la solitudine né il fatto di stare in casa, quindi credo di aver sofferto meno di altre persone con cui ho parlato. 
Ho fatto un po' di shopping online. Ho fatto qualche passeggiata sotto casa quando il tempo era particolarmente glorioso (cioè quasi sempre tra febbraio e marzo). Il mio compagno, la cui attività nel settore dell'intrattenimento aveva appena iniziato a ingranare, ha dovuto interrompersi e ripensare il suo futuro lavorativo ed economico.

Dopo due mesi, avendo iniziato a soffrire di insonnia e crisi di ansia al pensiero di mia madre da sola a casa in un'altra regione, ho chiuso casa a Milano e mi sono trasferita da lei (nella stessa città del mio compagno).

Sempre lavorando da casa, siamo arrivati all'estate. Il mio compagno che finalmente a un certo punto ho potuto rivedere, ha iniziato una nuova attività nel campo della ristorazione. 

Con il caldo e il temporaneo "liberi tutti", ho portato mia madre in montagna dove sono stata un mese, sempre cercando di ridurre comunque al minimo le interazioni con il resto del mondo. Credo che sia stata una delle estati più lente, noiose, senza senso, di tutta la mia vita.

Dopo Ferragosto siamo tornate a valle, ricominciando a vivere la vita a metà che avevamo lasciato a sudare in pianura. Ho potuto vedere qualche persona amica, persino cenare al ristorante - cosa che da ottobre non ho più fatto, e anche questa minima libertà mi sembra appartenere a un'altra dimensione.

Fin qua, niente di particolarmente eclatante. Grazie al cielo nessuno dei miei cari si è ammalato, ma è stata veramente solo pura fortuna. 

A settembre il mio compagno mi ha lasciata.  



Come già mi è successo in passato, in un momento di incertezza sotto vari punti di vista, scrivere mi aiuterà a fare chiarezza nei miei pensieri

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