Questo post non è stato sponsorizzato e purtroppo la Mattel non mi paga. La foto non è mia ma queste qui le avevo tutte (TUTTE!). Immagine dal sito www.resimbul.com Mi piace molto truccarmi e giocare coi colori, e anche truccare gli altri. Sapendo di questa mia passione, Mr. Big, orfano della truccatrice ufficiale del suo locale, mi ha chiesto se sarei stata in grado di fargli un trucco da teschio. Ovviamente mi mancava una base bianca per riuscire nell'impresa, quindi alla ricerca di trucchi di Halloween, possibilmente low cost, mi sono ritrovata a curiosare sul sito di una catena di giocattoli. Devo dire che la prima cosa che mi ha colpito è che, a parte una presenza decisamente eccessiva di giocattoli e accessori legati a Frozen, le cose non sono cambiate tantissimo da quando coi giocattoli ci giocavo io, e ok, non parliamo del primo dopoguerra, ma comunque sono passati buoni 30 anni (arggghhh): bambolotti che espletano varie funzioni corporali, il mitico Cicciobel
Oggi marca esattamente un anno dal momento in cui la pandemia è arrivata nelle nostre vite. La mia vita è cambiata, come quella di tutti, per via della pandemia, dal punto di vista "sociale", ma anche dal punto di vista personale. Mi ricordo esattamente, ora per ora, tutta l'ultima giornata "normale", anche perché non era stata scandita dalla solita routine casa-ufficio-casa. Era un venerdì, venerdì 21 febbraio 2020 e, con un collega e una cliente, eravamo andati a vedere una produzione presso un fornitore in Emilia Romagna. Al ritorno la radio ci ha informati del primo caso ufficiale a Codogno, ma speravamo - o forse lo speravo solo io - che non ci sarebbero state conseguenze così drammatiche e devastanti, e di sicuro non per così tanto tempo. La domenica sera la cliente ha scritto annullando la nostra riunione settimanale del lunedì presso i loro uffici - in quanto l'azienda aveva comunicato di lavorare da casa. La nostra azienda, molto più piccola, ha
Non ho mai usato assiduamente i mezzi pubblici nella mia vita. Nella mia città, che è piuttosto piccola, ho sempre abitato in centro, il che significa: a due isolati dalla scuola elementare, a due dalla scuola media, a un isolato e un giardinetto dal liceo. Quindi, a scuola andavo a piedi. A scuola di danza, benché più lontana, andavo a piedi. Ho sempre camminato, mi piaceva e mi piace tuttora, e ho sempre guardato con un po' di pena le mie compagne che prendevano il bus n. 4 perché venivano dal quartiere Cristo (si chiama così, non è una bestemmia). Prendere il bus n. 4 significava svegliarsi ben prima delle 7.30 per essere a scuola alle 8; significava il concreto rischio di perderlo, di dovergli correre dietro, di arrivare con decine di minuti di ritardo e farsi mandare dal preside. Significava essere alla mercé di un certo autista che guidava come un pazzo. Io dovevo limitarmi ad accelerare il passo e riuscivo comunque ad arrivare puntuale. Questo è il primo fondamentale pu
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