Crisi di identità
Sono giorni che cerco il tempo e l'ispirazione per aggiornare il blog.
Recentemente mi sono successe un po' di cose - sulle quali non ho voglia di dilungarmi - che mi hanno costretta a riflettere attentamente su me stessa, su chi sono, su cosa voglio per me e cosa si aspettano le persone che mi sono vicine, e soprattutto su come la mia percezione di me stessa possa influenzare il giudizio altrui e viceversa.
Lo so che il problema dell'identità dell'individuo è un argomento poco originale, senza contare il fatto che dopo Pirandello chiunque altro dovrebbe stare zitto e sentirsi stupido, invece di parlarne o scriverne.
Ma ce l'ho qui, sempre in testa, sto mettendo in discussione ogni mia azione che fino a due settimane fa mi sarebbe sembrata perfettamente naturale.
Ho sempre pensato a me stessa come una persona coraggiosa al limite dell'incoscienza, che tende a buttarsi nelle situazioni, nelle novità, nei cambiamenti. Forse sono cambiata nel tempo, o forse mi sono sempre vista così perché gli altri mi vedevano così.
Sta di fatto che mentre una parte di me vorrebbe buttarsi senza rete e senza riflettere, con gli occhi che brillano di impazienza, vorrebbe vivere una vita avventurosa e piena di colpi di scena, l'altra parte invece rimane ancorata con le unghie e con i denti allo status quo, arrovellandosi su quale sia la scelta più sensata, soppesando pro e contro, cercando di prevedere l'evoluzione dell'esistenza stessa a partire da una scelta apparentemente di poco conto.
Una specie di Sliding doors de' noartri, e sfortunatamente in nessuna delle mie futuribili fantasie arrivavano il successo, l'amore e la bella vita. Le varie versioni oscillavano da "vita sprecata facendo l'impiegata, un giorno dopo l'altro senza nessuna ispirazione, senza carriera e senza aumenti consistenti di stipendio", a "vita di insuccessi che termina con me mantenuta da genitori/sorella medico di fama, nel migliore dei casi, con me che vivo in un carrello dell'Esselunga sul marciapiede, nel peggiore". Tutte le mie versioni si ritrovavano improvvisamente sessantenni, con capello grigio arruffato e una media di 1-3 gatti in casa (o nel carrello).
Quindi altro colpo di scena: ma io non ero "quella ottimista"?
E mentre le due parti di me si insultano a vicenda, creandomi una confusione incredibile nella testa, mi rendo conto che la cosa peggiore è che, sapendo (o immaginando) che gli altri mi vedono come una specie di Indiana Jones in gonnella, audace come una novella Giovanna d'Arco, mi vergogno di essere più riflessiva di quanto loro si aspettino, come se deludessi delle aspettative. Ma le loro o le mie? E soprattutto, nel momento di fare delle scelte pratiche di vita, è meglio buttarsi senza rete o è meglio cercare di capire come stanno le cose e temporeggiare?
E soprattutto, come sono io? Non lo so più. Per questa ragione, inizierò a comportarmi in modo inaspettato, a fare il contrario di ciò che avrei fatto normalmente fino a due settimane fa e vediamo come va. Vi terrò aggiornati.
Recentemente mi sono successe un po' di cose - sulle quali non ho voglia di dilungarmi - che mi hanno costretta a riflettere attentamente su me stessa, su chi sono, su cosa voglio per me e cosa si aspettano le persone che mi sono vicine, e soprattutto su come la mia percezione di me stessa possa influenzare il giudizio altrui e viceversa.
Lo so che il problema dell'identità dell'individuo è un argomento poco originale, senza contare il fatto che dopo Pirandello chiunque altro dovrebbe stare zitto e sentirsi stupido, invece di parlarne o scriverne.
Ma ce l'ho qui, sempre in testa, sto mettendo in discussione ogni mia azione che fino a due settimane fa mi sarebbe sembrata perfettamente naturale.
Ho sempre pensato a me stessa come una persona coraggiosa al limite dell'incoscienza, che tende a buttarsi nelle situazioni, nelle novità, nei cambiamenti. Forse sono cambiata nel tempo, o forse mi sono sempre vista così perché gli altri mi vedevano così.
Sta di fatto che mentre una parte di me vorrebbe buttarsi senza rete e senza riflettere, con gli occhi che brillano di impazienza, vorrebbe vivere una vita avventurosa e piena di colpi di scena, l'altra parte invece rimane ancorata con le unghie e con i denti allo status quo, arrovellandosi su quale sia la scelta più sensata, soppesando pro e contro, cercando di prevedere l'evoluzione dell'esistenza stessa a partire da una scelta apparentemente di poco conto.
Una specie di Sliding doors de' noartri, e sfortunatamente in nessuna delle mie futuribili fantasie arrivavano il successo, l'amore e la bella vita. Le varie versioni oscillavano da "vita sprecata facendo l'impiegata, un giorno dopo l'altro senza nessuna ispirazione, senza carriera e senza aumenti consistenti di stipendio", a "vita di insuccessi che termina con me mantenuta da genitori/sorella medico di fama, nel migliore dei casi, con me che vivo in un carrello dell'Esselunga sul marciapiede, nel peggiore". Tutte le mie versioni si ritrovavano improvvisamente sessantenni, con capello grigio arruffato e una media di 1-3 gatti in casa (o nel carrello).
Quindi altro colpo di scena: ma io non ero "quella ottimista"?
E mentre le due parti di me si insultano a vicenda, creandomi una confusione incredibile nella testa, mi rendo conto che la cosa peggiore è che, sapendo (o immaginando) che gli altri mi vedono come una specie di Indiana Jones in gonnella, audace come una novella Giovanna d'Arco, mi vergogno di essere più riflessiva di quanto loro si aspettino, come se deludessi delle aspettative. Ma le loro o le mie? E soprattutto, nel momento di fare delle scelte pratiche di vita, è meglio buttarsi senza rete o è meglio cercare di capire come stanno le cose e temporeggiare?
E soprattutto, come sono io? Non lo so più. Per questa ragione, inizierò a comportarmi in modo inaspettato, a fare il contrario di ciò che avrei fatto normalmente fino a due settimane fa e vediamo come va. Vi terrò aggiornati.
Commenti
Ora vado a rubare un carrello al supermercato, ne prendo uno anche per te?
Ah, e sì grazie, prendi un carrello anche per me.