Lati negativi del trasporto pubblico
Non ho mai usato assiduamente i mezzi pubblici nella mia vita.
Nella mia città, che è piuttosto piccola, ho sempre abitato in centro, il che significa: a due isolati dalla scuola elementare, a due dalla scuola media, a un isolato e un giardinetto dal liceo. Quindi, a scuola andavo a piedi. A scuola di danza, benché più lontana, andavo a piedi. Ho sempre camminato, mi piaceva e mi piace tuttora, e ho sempre guardato con un po' di pena le mie compagne che prendevano il bus n. 4 perché venivano dal quartiere Cristo (si chiama così, non è una bestemmia). Prendere il bus n. 4 significava svegliarsi ben prima delle 7.30 per essere a scuola alle 8; significava il concreto rischio di perderlo, di dovergli correre dietro, di arrivare con decine di minuti di ritardo e farsi mandare dal preside. Significava essere alla mercé di un certo autista che guidava come un pazzo. Io dovevo limitarmi ad accelerare il passo e riuscivo comunque ad arrivare puntuale.
Questo è il primo fondamentale punto a sfavore: la dipendenza dal fato e dalla volontà di uno sconosciuto autista. A me piace andare e venire come mi pare.
Dopo il liceo ho studiato a Venezia, e anche lì mi muovevo soprattutto a piedi, anche perché i vaporetti percorrono solo il Canal Grande e quello della Giudecca. In più soffro il mal di mare e non mi è mai passato, anzi, peggiora con gli anni.
A proposito, vorrei fare un appello alle riviste femminili: smettete di scrivere frasi come "Se volete mantenervi in forma / tonificarvi / fare fitness senza pagare la palestra, provate a camminare di più, parcheggiate la macchina un po' più lontana, usate le scale invece dell'ascensore, vedrete i risultati fan-ta-sti-ci!".
Non è vero. No, sono tutte utopie. In sei anni a Venezia ho macinato più chilometri di un marciatore, ho fatto più scale di un campanaro del Medioevo e il mio corpo non si è tonificato né ha perso peso. Quindi, l'unica vera soluzione è: magnare de meno.
Ma sto divagando.
Per farla breve, non ho mai posseduto un abbonamento ai mezzi pubblici prima dello scorso ottobre.
Nei primi due mesi del mio nuovo lavoro ho affrontato con la traversata di Milano con tram e metro. Molto orgogliosa del mio abbonamento mensile nuovo fiammante, il mio entusiasmo è durato diciamo per la prima settimana.
Poi ho scoperto che la gente non si lava; che ama chiacchierare prima delle 8 del mattino (il che dovrebbe essere vietato per legge); che ama spandere germi, tossendo e starnutendo senza nemmeno cercare di trattenerli per sé. Che alcuni sono disposti a camminarti addosso per salire sul tram prima di te, e che i ragazzini seduti sono inamovibili pure davanti a vecchiette con stampelle e donne al nono mese di gravidanza.
Che ci sono dei folli che ammorbano i poveretti al rientro da una dura giornata di lavoro cantando orridi e stonati karaoke o ballando successi dance dell'estate 1991 sparati a tutto volume.
Ah, e tutti urlano mentre parlano al telefonino, il che mi ha portato a conoscere i dettagli famigliari più intimi di perfetti sconosciuti. Che poi questa è in assoluto la parte più divertente, a voler essere sinceri.
Soprattutto, ho scoperto che non riesco a leggere un rigo di libro e che affrontare la folla dell'ora di punta mi stressa più che trovarmi in coda in tangenziale.
Dopo due mesi, avendo sperimentato vari tragitti in auto e avendone trovato uno da soli 40 minuti, traffico permettendo, ho elaborato le seguenti scuse:
- Inizia a fare troppo freddo per aspettare il tram
- In macchina risparmio 10-15 minuti
- In fondo il gasolio al mese mi costa poco più dell'abbonamento
- Sono in prova, non posso ammalarmi
- Se mi perdo un'altra puntata del Ruggito del Coniglio la mia vita diventerà triste e deprimente
In virtù di questo, e ripromettendomi di ricominciare a prendere i mezzi verso aprile non si sa di che anno, ora vado in auto, e sono felice.
E dopo aver provato i mezzi nell'ora di punta, ho definitivamente rivalutato i treni.
Nella mia città, che è piuttosto piccola, ho sempre abitato in centro, il che significa: a due isolati dalla scuola elementare, a due dalla scuola media, a un isolato e un giardinetto dal liceo. Quindi, a scuola andavo a piedi. A scuola di danza, benché più lontana, andavo a piedi. Ho sempre camminato, mi piaceva e mi piace tuttora, e ho sempre guardato con un po' di pena le mie compagne che prendevano il bus n. 4 perché venivano dal quartiere Cristo (si chiama così, non è una bestemmia). Prendere il bus n. 4 significava svegliarsi ben prima delle 7.30 per essere a scuola alle 8; significava il concreto rischio di perderlo, di dovergli correre dietro, di arrivare con decine di minuti di ritardo e farsi mandare dal preside. Significava essere alla mercé di un certo autista che guidava come un pazzo. Io dovevo limitarmi ad accelerare il passo e riuscivo comunque ad arrivare puntuale.
Questo è il primo fondamentale punto a sfavore: la dipendenza dal fato e dalla volontà di uno sconosciuto autista. A me piace andare e venire come mi pare.
Dopo il liceo ho studiato a Venezia, e anche lì mi muovevo soprattutto a piedi, anche perché i vaporetti percorrono solo il Canal Grande e quello della Giudecca. In più soffro il mal di mare e non mi è mai passato, anzi, peggiora con gli anni.
A proposito, vorrei fare un appello alle riviste femminili: smettete di scrivere frasi come "Se volete mantenervi in forma / tonificarvi / fare fitness senza pagare la palestra, provate a camminare di più, parcheggiate la macchina un po' più lontana, usate le scale invece dell'ascensore, vedrete i risultati fan-ta-sti-ci!".
Non è vero. No, sono tutte utopie. In sei anni a Venezia ho macinato più chilometri di un marciatore, ho fatto più scale di un campanaro del Medioevo e il mio corpo non si è tonificato né ha perso peso. Quindi, l'unica vera soluzione è: magnare de meno.
Ma sto divagando.
Per farla breve, non ho mai posseduto un abbonamento ai mezzi pubblici prima dello scorso ottobre.
Nei primi due mesi del mio nuovo lavoro ho affrontato con la traversata di Milano con tram e metro. Molto orgogliosa del mio abbonamento mensile nuovo fiammante, il mio entusiasmo è durato diciamo per la prima settimana.
Poi ho scoperto che la gente non si lava; che ama chiacchierare prima delle 8 del mattino (il che dovrebbe essere vietato per legge); che ama spandere germi, tossendo e starnutendo senza nemmeno cercare di trattenerli per sé. Che alcuni sono disposti a camminarti addosso per salire sul tram prima di te, e che i ragazzini seduti sono inamovibili pure davanti a vecchiette con stampelle e donne al nono mese di gravidanza.
Che ci sono dei folli che ammorbano i poveretti al rientro da una dura giornata di lavoro cantando orridi e stonati karaoke o ballando successi dance dell'estate 1991 sparati a tutto volume.
Ah, e tutti urlano mentre parlano al telefonino, il che mi ha portato a conoscere i dettagli famigliari più intimi di perfetti sconosciuti. Che poi questa è in assoluto la parte più divertente, a voler essere sinceri.
Soprattutto, ho scoperto che non riesco a leggere un rigo di libro e che affrontare la folla dell'ora di punta mi stressa più che trovarmi in coda in tangenziale.
Dopo due mesi, avendo sperimentato vari tragitti in auto e avendone trovato uno da soli 40 minuti, traffico permettendo, ho elaborato le seguenti scuse:
- Inizia a fare troppo freddo per aspettare il tram
- In macchina risparmio 10-15 minuti
- In fondo il gasolio al mese mi costa poco più dell'abbonamento
- Sono in prova, non posso ammalarmi
- Se mi perdo un'altra puntata del Ruggito del Coniglio la mia vita diventerà triste e deprimente
In virtù di questo, e ripromettendomi di ricominciare a prendere i mezzi verso aprile non si sa di che anno, ora vado in auto, e sono felice.
E dopo aver provato i mezzi nell'ora di punta, ho definitivamente rivalutato i treni.
Commenti
l'unico anno di scuola che ho dovuto prendere l'autobus per andare al Cristo (che poi chissà perchè ridono tutti quando sentono il nome di questo quartiere) arrivavo sempre in ritaro perchè perdevo l'autobus. io che ho cercato casa in centro perchè sono abituata ad avere tutto a uno sputo dal portone :))