Una parmigiana a Milano

Non ho cucinato, è che mia sorella è venuta a Milano.

Lo dico come fosse un avvenimento perché in effetti lo è, Coscienza nutre una discreta avversione per questa città e non viene praticamente mai a trovarmi. Stavolta non ha potuto esimersi, visto che sabato avevamo il matrimonio del Nubendo Amico A.

È arrivata venerdì e io, da brava sorella, sono ovviamente andata a prenderla in macchina. Un delirio: dal lavoro a Centrale ci ho messo tipo due ore, poi c'è stato il dramma di capire dove fossimo, rispettivamente:
"Coscienza, sono nel parcheggino proprio davanti all'uscita principale"
"Ma lì c'è un mercatino di Natale"
"Ecco, io sono tra la stazione e il mercatino di Natale"
"Ma non è possibile - con accenti di panico nella voce -, tra la stazione e il mercatino c'è solo la metro... Come hai fatto?? Sei passata sottoterra??"
"Allora, aspetta, ti dico cosa vedo: ecco ho davanti a me una mega insegna luminosa, la vedi?"

Grazie, mini hotel Aosta, grazie di esistere e di avere una insegna che di "mini" non ha nulla, se no probabilmente ci staremmo ancora cercando.

Dopo un'altra lunga permanenza in macchina, abbiamo faticosamente raggiunto casa già in ritardo di almeno 10 minuti per l'appuntamento al ristorante con i miei amici, che però sono persone pazienti e sono al 90% pugliesi e quindi geneticamente programmate a ritardare agli appuntamenti. Infatti non eravamo nemmeno le ultime.

Io ci tengo al giudizio di Coscienza, lo dice anche il suo nickname. La sua disapprovazione mi fa stare male, mi infonde dubbi che normalmente non mi sfiorano nemmeno. Quindi sono sempre in ansia che lei si diverta con i miei amici e che li trovi simpatici e carini. Nel caso specifico, io sono al settimo cielo perché lei nonostante fosse stanca si è divertita e ha ballato e mi è sembrata felice.

Il mattino dopo siamo andate da quel gran figo del mio parrucchiere che ci ha coccolate e ci ha fatto due teste splendide, poi abbiamo pranzato al volo, stirato i vestiti della festa, truccate e profumate e alla fine eravamo veramente elegantissime.
Il matrimonio è stato elegante quasi quanto noi. La chiesa anche se moderna non era male, e nell'hotel (elegantissimo, ovviamente) dove era organizzato il ricevimento faceva il caldo che piace a me: tropicale.

Moltissimi bicchieri di spumante e di vino e di mirto dopo, dopo aver cercato invano di rovinare l'eleganza (eleganza è la parola d'ordine di questo post) dell'evento con un trenino-samba, abbiamo infine elegantemente tolto il disturbo.

La quantità di alcool che avevo in corpo, come sempre, mi ha impedito di dormire bene, e Coscienza mi ha odiata per averla svegliata all'alba delle 11. In effetti anche io al posto suo mi sarei irritata, ma vivendo in un monolocale o mi sedevo nella vasca con un libro o la svegliavo. Inoltre mi spiaceva perdere il poco tempo che stiamo insieme a guardarla ronfare piuttosto che a parlarle e magari a spettegolare.

Abbiamo pranzato, Coscienza ha mostrato una volta di più la sua incapacità a giocare ai videogiochi, e poi via nel traffico alla volta della stazione. Quando mia sorella ha chiuso il bagagliaio e ho visto la sua testolina bionda attraversare la strada mi sono sentita triste e sola, una specie di orfanella.
Così depressa che nemmeno la compagnia vocale di Mr. Big mi ha potuta rinfrancare.
Per fortuna l'Amazzone aveva passato le precedenti 24 ore a sfornare biscotti di ogni tipo, quindi sono corsa da lei ad affogare i miei dispiaceri in ettolitri di Earl Grey e chili di pastefrolle, il tutto accompagnato dai suoi album di nozze.

Se promette di fare il casino che ha fatto al suo matrimonio, giuro che se mi sposo la invito.


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