Confessione di un'amante delle Barbie
Questo post non è
stato sponsorizzato e purtroppo la Mattel non mi paga. La foto non è mia ma queste qui le avevo tutte (TUTTE!).
Immagine dal sito www.resimbul.com |
Mi piace molto
truccarmi e giocare coi colori, e anche truccare gli altri. Sapendo di questa
mia passione, Mr. Big, orfano della truccatrice ufficiale del suo locale, mi ha
chiesto se sarei stata in grado di fargli un trucco da teschio. Ovviamente mi
mancava una base bianca per riuscire nell'impresa, quindi alla ricerca di
trucchi di Halloween, possibilmente low cost, mi sono ritrovata a curiosare sul
sito di una catena di giocattoli.
Devo dire che la
prima cosa che mi ha colpito è che, a parte una presenza decisamente eccessiva
di giocattoli e accessori legati a Frozen, le cose non sono cambiate tantissimo
da quando coi giocattoli ci giocavo io, e ok, non parliamo del primo dopoguerra,
ma comunque sono passati buoni 30 anni (arggghhh): bambolotti che espletano
varie funzioni corporali, il mitico Cicciobello, accessori e vestitini, cucine
in miniatura, valigette del dottore, ovviamente i Lego (la vera ragione per cui
la nostra generazione è in grado acquistare i mobili all'Ikea) e poi un'intera
sezione di Barbie, nella quale ho perso una buona mezz'ora.
Mr. Big si è molto
stupito della mia passione per le Barbie, forse perché per natura non sono
molto amante delle mode mainstream, o forse perché aborrisco l'omologazione e
sono anche piuttosto femminista, ma tant'è, amo le Barbie e tra me e mia
sorella da piccole ne avevamo una quantità imbarazzante, per non parlare delle
varie case, carrozze, cucine, vasche da bagno kitsch, mobili vari, abiti e
scarpe e accessori e chi più ne ha, più ne metta.
La mia prima
cartella per la scuola era di Barbie, e curiosamente anche quella della bambina
che è poi diventata la mia amichetta del cuore per i successivi 32 anni (… and
counting…).
Certo, da adulta mi
rendo conto di tutti i difetti che una Barbie può avere da un punto di vista
educativo: è stato provato che le sue proporzioni fisiche rappresentano un
ideale impossibile, è bionda e bella e apparentemente ricca, può dare un'idea
distorta di com'è veramente la vita adulta, e tutto è terribilmente rosa nel
suo mondo. Tutte critiche sacrosante. Però… se mi guardo indietro, e faccio un
piccolo sforzo di memoria, ricordo come mi sentivo giocando con le Barbie: mi
calavo nella realtà di una donna adulta, emancipata, che non solo aveva un
lavoro che la rendeva completamente indipendente, ne aveva addirittura decine:
una donna come lei poteva fare tutto e personalmente non mi sfiorava nemmeno
l'idea che fosse per il suo aspetto fisico, ma poteva perché era in gamba: era
una rockstar, una top model, un'astronauta, un medico (e non
un'infermiera), una donna d'affari e
chissà che altro, tutte professioni per le quali serve un cervello sotto ai
capelli cotonati. Ken esisteva solo in quanto suo compagno, non aveva senso
senza di lei e non era il capofamiglia solo perché maschio.
Giocandoci, ho
potuto crescere nella speranza che il mondo adulto fosse in effetti un luogo in
cui le donne in gamba possono aspirare a qualsiasi vita esser desiderino,
dall'essere madre all'andare sulla luna: la Barbie ha insegnato a noi bambine
degli anni '80 che non ci è precluso niente. E poi, diamine, erano gli anni
'80, che hanno sfornato anche al cinema tutta una serie di commedie che ci
facevano sperare nel successo personale, avendo un po' di doti intellettuali e
mettendoci un po' di impegno. Peccato che, ora che sono più vecchia anche della
Barbie Nonna, mi sono accorta che un po' ci ha preso per il culo. Ma non
demordo. Ci provo, Barbie. Verrà il giorno in cui non mi prenderanno per una segretaria,
chiameranno mia sorella "dottoressa" e non "signorina", e
non sottintenderanno mai più che una donna carina abbia fatto carriera
distribuendo favori sessuali ai potenti. Che dire, sono sempre stata ottimista
per natura.
PS: al Mudec c'è una
mostra sulle Barbie, penso proprio che ci farò un salto.
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